I pitagorici e la concezione matematica della natura

Nel 499 a.C. le città della Ionia, sotto la guida del tiranno di Mileto, si ribellarono al potere dei Persiani che nel 546 a.C. avevano occupato il territorio. L'esercito persiano ebbe però la meglio sui rivoltosi: la città di Mileto fu distrutta e i suoi abitanti uccisi o ridotti in schiavitù.

Fu in quest'epoca che il centro della vita culturale della Grecia si spostò nelle colonie greche dell'Italia meridionale (la Magna Grecia) e della Sicilia, dove emigrarono molte personalità fuggite dall'Asia Minore. In una di queste, la bella e ricca Crotone, venne a stabilirsi Pitagora (emigrato da Samo dove si era instaurato un governo tirannico ostile agli aristocratici), e vi fondò una nuova scuola filosofica, la Fratellanza Pitagorica, un'associazione politico-religiosa di carattere aristocratico, molto diversa dalla scuola di Mileto, soprattutto per la sua atmosfera quasi sacrale. Pitagora era infatti venerato dai suoi seguaci come una divinità e la sua figura era avvolta da un alone di mistero.


Molti caratteri della scuola pitagorica fanno pensare a una setta religiosa, in cui venivano seguite regole ascetiche ed era praticata la comunione dei beni. I discepoli si differenziavano in acusmatici (o ascoltatori", dal greco akuo, "ascolto" " odo"), ai quali era imposto il silenzio e una rigida disciplina di comportamento; e matematici, i quali potevano fare domande ed esprimere opinioni personali e ai quali venivano rivelate le dottrine più impegnative del maestro. C'è da notare, però, che tali aspetti, propri di un'epoca aurorale della filosofia in cui spesso l'analisi razionale coesiste con il mito, si affiancano a elementi di eccezionale modernità per quel tempo, come ad esempio l'accettazione delle donne e la loro partecipazione alle attività e allo studio.


Le dottrine fondamentali dei pitagorici riguardano essenzialmente due argomenti:

  • La dottrina dell’anima 
  • La dottrina del numero 

Il destino dell'anima e la ricerca della purificazione


Si tratta di una dottrina ripresa dall'orfismo, un movimento religioso sorto verso il VI secolo a.C. e molto diffuso in Grecia, che si ispirava al mitico poeta Orfeo il quale, secondo la leggenda, era disceso nel mondo dei morti per riportare tra i vivi la moglie Euridice. Gli orfici ritenevano che, dopo la morte, l'anima fosse destinata a reincarnarsi fino all'espiazione delle proprie colpe. Era però possibile interrompere il lungo ciclo delle rinascite successive in corpi sempre diversi (anche di animali) attraverso pratiche o riti di purificazione, permettendo all'anima di tornare più rapidamente presso gli dei.

La ricerca di Pitagora muove proprio da questa concezione e si concentra nello studio dei mezzi per ottenere la liberazione dell'anima dalla vita materiale; tali strumenti sono da lui individuati in una prassi di vita ascetica, che implica l'obbedienza a precetti molto severi (come astenersi dai rapporti sessuali o da particolari cibi, sottoporsi a riti di espiazione e abluzioni corporali ecc.), ma soprattutto nell'esercizio della filosofia.



La dottrina del numero


Tra la dottrina dell'anima e la dottrina del numero c'è un nesso molto stretto. La vita dell'uomo saggio o "filosofo", infatti, si caratterizza per l'ordine e la misura con cui sa tenere a freno gli istinti del corpo.

Ebbene, quest'ordine (o limite) che il saggio deve apprendere ed eleggere a regola di vita pervade tutto l'universo o "cosmo" (in greco kósmos significa proprio "ordine"), in ogni sua manifestazione. Se contempliamo la volta celeste, non possiamo fare a meno di restare ammirati dal moto regolare e ordinato degli astri, governato appunto dalla legge del numero. Lo stesso si dica per le melodie musicali, per tutte le arti, così come per il succedersi delle stagioni, dei mesi e dei giorni.

E sulla base di queste osservazioni che i pitagorici arrivano ad affermare che la vera sostanza delle cose non risiede nell'acqua, nell'aria o in qualsivoglia altro elemento fisico come i filosofi precedenti avevano sostenuto, ma nel numero. Infatti, è grazie al numero che noi possiamo cogliere, al di là delle apparenze, la realtà profonda del cosmo, fatta di proporzione quantitativa tra gli elementi. Si tratta di un'intuizione fondamentale che anticipa la prospettiva della scienza moderna: la natura può essere ricondotta a un ordine misurabile (espresso numericamente), e dunque è possibile rappresentarla e

conoscerla in modo oggettivo.


I pitagorici ritengono quindi che l'arché si identifichi con il numero e che le cose derivino dal numero in base a rapporti armonici e matematici riguardanti all'anima e il cosmo.

L’anima può liberarsi dalla prigione del corpo e dalla trasmigrazione delle anime attraverso l’ascesi e la filosofia. Il cosmo è inteso come ordine misurabile in cui i rapporti tra le cose corrispondono ai rapporti tra i numeri. Da un lato vi è il dispari, che è un'entità limitata, simbolo della perfezione, del bene, della forma, della proporzione, perché solo ciò che è limitato permette la misurazione. Dall'altro vi è il pari, che è un'entità illimitata, simbolo di imperfezione, disordine, caos, materia.

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